La ventiseiesima edizione della conferenza sul clima delle Nazioni Unite, o per meglio dire la Cop26, si è conclusa – con un giorno di ritardo rispetto a quanto stabilito – nella serata di sabato 13 novembre.
Alla conferenza hanno preso parte i rappresentanti di ben 197 Paesi e, come era prevedibile, non è stato facile raggiungere posizioni che mettessero d’accordo tutte le parti.
Nel complesso il testo finale del Patto sul Clima di Glasgow rappresenta certamente una vittoria perché tiene vivo l’impegno a mantenere l’innalzamento delle temperature entro i 1,5° C e porta a compimento gli impegni presi sei anni fa, con l’Accordo di Parigi del 2015.
Sono stati in molti a parlare di una mezza vittoria o – per citare il presidente della Cop, Alok Sharma – di una “vittoria fragile”, proprio perché il testo finale è stato il frutto di una serie di compromessi che rispecchiano l’attuale situazione politica mondiale.
Il “No” al “Loss and Damage”
Già dalle prime bozze, il testo dell’accordo era stato aspramente criticato a causa della “debolezza” di alcune proposte che non sembravano essere particolarmente convincenti.
Tra queste, uno dei punti più criticati è stato la rimozione dal testo finale del cosiddetto “Loss and Damage Finance Facility”, ovvero un meccanismo studiato per introdurre una serie di finanziamenti delle perdite e dei danni a favore dei Paesi più poveri.
Nonostante il tema sia stato discusso a lungo e nonostante l’argomento sia stato in più occasioni motivo di attrito, alla fine il Loss and Damage è stato escluso dal testo finale con la promessa di riuscire a trovare un accordo entro il 2024.
Molti i rappresentanti politici – come quelli di Antigua e Barbuda o come quelli del G77 e della Cina – si sono detti delusi dall’esito della questione “Loss and Damage”.
Niente stop al carbone
Il tema della decarbonizzazione è certamente sempre al centro delle discussioni quando si parla di clima. Per tutta la durata dell’evento si è pensato ad un accordo già concluso in merito alla questione, ma nelle fasi finali della conferenza l’India è riuscita ad ottenere una modifica del testo.
Le prime bozze dell’accordo presentavano la dicitura “coal phase-out”, che avrebbe dovuto significare un totale abbandono del carbone e dei sussidi legati alle fonti fossili. L’India però ha chiesto, e ottenuto, la riformula del testo.
Si è quindi deciso per “coal phase down”: una frase con un sapore decisamente diverso.
A questo punto la questione carbone rimane ancora aperta: l’unico passo avanti rispetto alle altre Cop sembra essere il fatto che si è cominciato a parlare in maniera esplicita di abbandono parziale dei sussidi.
Deforestazioni e riduzioni di emissioni di Metano
Uno degli altri grandi temi che ha avuto un’importanza cruciale durante l’evento è stato quello della deforestazione.
Dovrebbero essere stanziati circa 20 miliardi di dollari e Ursula von der Layen, presidente della Commissione Europea, oltre a contribuire personalmente alla causa, ha anche annunciato che presto presenterà una vera e propria regolamentazione europea a tema deforestazione.
L’obiettivo sarebbe quello di provare ad arrestare il fenomeno entro il 2030, e non sembra essere un obiettivo folle da raggiungere considerando che i Paesi firmatari dell’accordo ospitano circa l’85% delle foreste di tutto il mondo.
Un’altra grande vittoria di questa Cop26 prende il nome di Global Methane Pledge e all’atto pratico si tradurrebbe nell’impegno a ridurre le emissioni di metano di almeno il 30% rispetto ai parametri registrati nel 2020.
Per questa iniziativa è già stato stanziato quasi mezzo miliardo di dollari a cui si aggiungeranno altri fondi stanziati da banche ed altre istituzioni economiche europee.
Cop26: un accordo che manca di coraggio
Sarebbero molte altre le iniziative programmate durante questa Cop26 che meriterebbero di essere raccontate: ad esempio, l’“Eastern tropical pacific marine corridor”, un’immensa area marina protetta nel Pacifico promossa dai governi di Ecuador, Costa Rica, Colombia e Panama, in cui sarà vietata la pesca per salvaguardare le specie che abitano quelle acque; o ancora, la dichiarazione dell’inaspettata alleanza climatica tra Cina e Stati Uniti: “la cooperazione è la sola strada per la Cina e gli Stati Uniti”.
L’obiettivo dell’accordo sarebbe quello di ridurre le emissioni di gas serra di entrambi i Paesi, ma nel documento congiunto che è stato rilasciato non è stato specificato quale sarà all’atto pratico l’impegno di ciascuno.
Alla fine del congresso il nostro ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha voluto commentare i traguardi raggiunti in questa Cop26: “Non è un compromesso annacquato, dovevamo portare a bordo tutto il mondo, più di 195 Paesi, con un accordo che doveva tenere la barra a +1,5 gradi il riscaldamento globale e non a +2 gradi”
Cingolani ha poi continuato, dicendosi non troppo soddisfatto e soffermandosi sull’eccessiva rigidità dei governi di India e Cina in merito ad alcuni argomenti.
Da queste parole traspare ancora una volta come il problema climatico sia, purtroppo, anche un problema politico ed economico.
Non sono mancati, al termine della Cop, i commenti decisi delle personalità globalmente riconosciute per quanto riguarda la questione climatica.
Per fare un esempio, secondo Jennifer Morgan – direttore esecutivo di Greenpeace International – quello ottenuto a Glasgow “è un accordo debole e manca di coraggio. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 gradi è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l’era del carbone è agli sgoccioli e questo conta. Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno. I giovani cresciuti con la crisi climatica non potranno tollerare altri rinvii. Perché dovrebbero quando lottano per il loro futuro?”.
Se questo giudizio è potuto sembrare severo, non ci si aspettava di meno da Greta Thunberg, che ha commentato la fine dell’evento su Twitter: “La Cop26 è finita. Ecco un breve riassunto: Bla, bla, bla. Ma il vero lavoro continua fuori da questi saloni. E noi non ci arrenderemo mai, mai.”
Al netto di tutto non si può parlare di una sconfitta, ma neanche di una vittoria pulita: c’è la sensazione che l’emergenza clima stia diventando di prioritaria importanza per sempre più Paesi del mondo e che molti di questi si stiano mettendo in gioco in tal senso.
Ciononostante è impossibile non notare come i processi decisionali siano ancora frutto di compromessi tra le parti.
Oltre a questo, è stato impossibile non notare un’altra cosa: i jet privati dei rappresentanti politici e dei capi di Stato che hanno letteralmente invaso i cieli di Glasgow hanno dimostrato una forte ipocrisia da parte di tutti i diretti interessati, considerate le enormi quantità di emissioni che hanno causato.
Si parlerebbe di circa 13.000 tonnellate di Co2 emesse nell’atmosfera. La stessa quantità di emissioni che causerebbero millecinquecento scozzesi in un anno.
Tra un anno i leader mondiali saranno chiamati a confrontarsi nuovamente sulla questione climatica alla Cop27, che si terrà nel novembre del 2022 a Sharm El-Sheikh…
Speriamo riescano a raggiungere l’Egitto evitando mezzi di trasporto eccessivamente inquinanti.